Alexa, chiedi e otterrai una risposta (perfetta)

10 Maggio 2019

Mentre il servizio reference “approfondito” (che supporta nel trovare e usare documenti di qualità) è a mio parere un asset ancora importante per le biblioteche, il reference cosiddetto “ready” (risposte immediate a domande fattuali) è da tempo in crisi. In un recente e brillante post Caren Koyle scrive di “request for facts” per indicare proprio quel tipo di domande a cui (una volta) le biblioteche rispondevano con elementi fattuali, e rinvia ad un lungo articolo di James Vlahds pubblicato su Wired concernente Alexa, il nuovo servizio/gadget Amazon creato per rispondere a domande e svolgere compiti semplici espressi in linguaggio naturale.
Alexa è commercializzato anche in Italia e viene implementato attraverso un pacchetto perlopiù gratuito di “skill” (si noti: non più “app” ma “skill”) che “fanno cose” e alimentano Alexa con contenuti per rispondere a domande e fornire servizi informativi di vario tipo

Skill Alexa

Alexa per rispondere a domande in linguaggio naturale applica un “voice first system” (quindi utilizza database, ovvero fonti, organizzate per esporre fatti in risposta a domande espresse in linguaggio naturale). L’analogia per noi familiare è il “mobile first” di Google, che espone preferenzialmente quei siti che sono adatti alla visualizzazione e all’uso su schermi di ogni dimensione.

Google VS Alexa
Quando inseriamo una parola su Google otteniamo in “risposta” una lista di link, sempre coerente e azzeccata, ma resta a noi il compito di scorrere questi link per trovare quello più appropriato (in realtà, come noto, ci fermiamo quasi sempre al secondo – terzo risultato). Il modello resta quello del browsing, ma anche dello scegliere – sia pure all’interno del perimetro epistemico definito da Google. Alexa è un’altra cosa: a domanda, risponde. Secondo l’articolo di Wired, gli analisti di mercato stimano che nel 2020 più della metà delle ricerche su internet sarà fatta a voce alta. Leggi il seguito di questo post »


La biblioteca nella nuvola [recensione]

8 aprile 2019

Ci sono libri che aprono mondi e sono i miei libri preferiti.
La Biblioteca nella nuvola di Maurizio Caminito è certamente uno di questi. Parteciperò insieme ad altri colleghi alla presentazione del libro a Genova il 15 aprile. la-biblioteca-nella-nuvola-copertina
App, Aws, Big Data, Blockchain, BYOD, Cloud, Fog computing, Google one, Iaas, Internet delle Cose, Mobile first, Paas, Saas, Smart city/work. Ecco alcuni “mondi”, o se preferite concetti, servizi, prodotti presenti nel libro di Massimo Caminito che costituiscono a mio parere la grammatica e la sintassi dell’Internet contemporaneo. Negli anni ’90 del secolo scorso si declinava l’Internet attraverso nozioni e protocolli come TCP/IP, Client server, http, html, IP, ftp e via elencando: queste entità non sono tutte scomparse ma non perimetrano più in modo adeguato ciò che si deve sapere sulla rete.
Perchè a mio parere l’enorme pregio di questo libro è fornire una guida semplice ma molto accurata che illustra la posta in gioco della rete come la viviamo e abitiamo oggi. Va sottolineato che l’Internet contemporaneo tratteggiato da Caminito è radicalmente diverso da quello in cui sono gemmati e su cui si basano, ancora oggi, molti servizi della biblioteca digitale, a partire dall’Opac. E’ diverso non solo morfologicamente (smaterializzazione dei server ovvero delocalizzazione e totale outsourcing della “sala macchine”) ma anche dal punto di vista dei flussi di lavoro e organizzativi (come vedremo: la postazione di lavoro si smaterializza anch’essa, ovunque ci sia un pc). Leggi il seguito di questo post »


Openess, trasparenza e diritto all’accesso. I documenti dell’UE.

23 marzo 2019

I Centri di Documentazione europea (CDE) sono strutture, normalmente incastonate in una biblioteca accademica, che fanno parte delle Reti di informazione dell’Unione Europea.
Ho l’opportunità di curare il CDE dell’Università di Genova e in questa veste il 20 marzo, nell’ambito di un incontro dal titolo “Partecipazione è…Comunicazione, informazione, consapevolezza“, ho presentato un breve report riguardante il diritto all’accesso ai documenti delle Istituzioni dell’UE.

Partendo dal presupposto che il diritto all’accesso è incardinato nel titolo V (Diritti di cittadinanza) della Carta dei diritti fondamentali dell’UE ed è codificato nel Regolamento 1049/2001 ho illustrato come, attraverso i Registri delle istituzioni (es. Registro della Commissione) sia possibile accedere alla maggior parte dei documenti online. Non a tutti direttamente: per alcuni è richiesta la compilazione di un modulo, a cui segue, in molti casi, il rilascio del documento in tempi certi. Leggi il seguito di questo post »


Quando Internet ci fa stare male

3 febbraio 2019

imagesInternet ci fa stare male? Spesso viene descritto come le persone che usano con frequenza o compulsivamente i social media come Facebook e Twitter, che sono i più “testuali”, tendano in alcune situazioni a trasformarsi in “leoni da divano“: individui che protetti da un relativo anonimato si abbandonano a parole di odio, minacce, comportamenti immorali e inaccettabili.
Eli Pariser (già autore di un importante libro su Google, “The filter bubble” – ne parlo qui) in un breve articolo sul Time pubblicato il 17 gennaio intitolato “The Internet Can Make Us Feel Awful. It Doesn’t Have to Be That Way” declina questo tema con argomenti interessanti che riassumo in questo post, aggiungendo mie osservazioni. Leggi il seguito di questo post »


Discovery tool, bibliotecari, utenti. La posta in gioco

2 giugno 2018

Il 22 maggio 2018 ho avuto l’opportunità di partecipare a un Seminario Itale (l’Associazione degli utenti italiani Ex-Libris) dedicato ai Discovery tools e ospitato a Milano da IULM. Mi è stato chiesto di proporre una riflessione sull’impatto dei Discovery nei servizi al pubblico (in questo blog cenni al tema qui e qui). Le slide sono depositate in E-lis (download qui) e ben presto nel sito Itale.
italeRiassumo sotto alcuni punti del mio intervento che, non esposti nelle slide, sono impliciti (ma trovo utile esplicitare qui).

Il Discovery mette alla prova i bibliotecari perchè è uno strumento “disruptive” che opera una discontinuità rispetto ai precedenti strumenti di ricerca: sposta infatti le competenze necessarie per ottenere risultati utili da “search tips” frutto di formazione addestrativa a più estese competenze trasversali correlate allo spirito critico, perchè mette l’utente di fronte a un'”abbondanza” che va gestita. Non è una moda passeggera: rispetto al Discovery “indietro non si torna”.

– Non si torna indietro anche perchè le Istituzioni della memoria non possono più ignorare il bisogno di semplicità e di comodità a cui Google ha irreversibilmente abituato le persone.

– L'”abbondanza gestita” del Discovery è una risposta coerente e sistemica all’espansione perpetua e irreversibile dell’infosfera informativa.

– Il Discovery è ormai lo standard per le biblioteche accademiche e può/potrebbe diventarlo anche per le biblioteche civiche: ma questo dipende dalla quantità/qualità delle risorse digitali che esse possono mettere a disposizione. Il primo passo sarebbe -forse- che le piattaforme di ebook acquisite dalle biblioteche civiche (Mlol, Rete Indaco) conferissero i loro metadati ai Discovery (non solo ExLibris ovviamente) anzichè consentire la navigazione solo dalle proprie piattaforme. E’ noto che il Discovery non offusca ma anzi valorizza le risorse digitali full-text e ne moltiplica gli accessi (*).

– La semplicità d’uso del Discovery facilita l’apertura “al terriorio” delle biblioteche accademiche, che è uno degli aspetti fondamentali della Terza missione.

– La semplicità d’uso del Discovery (“Google like”)abbassa l’asticella delle competenze di base necessarie per accedere a contenuti di qualità e quindi conferisce empowerment alle persone; in questo senso ha rilevanza sociale ed etica: è infatti un bene per collettività che sempre più persone siano in grado autonomamente di accedere a contenuti autorevoli che contribuiscono alla creazione di una opinione pubblica consapevole e informata.

– Il Discovery è uno strumento duttile e (potenzialmente) ibrido: posso usarlo “Google like” ma, se l’utente lo vuole, anche “Opac like”: quindi l’Opac non scompare, diventa un modo di essere del Discovery.

Alla fine delle slide sono riportati i risultati di un sondaggio condotto sull’esperienza d’uso del Discovery presso una biblioteca accademica di medie dimensioni: sono dati provvisori e sperimentali.

Infine: è stata una grande opportunità e un piacere per me incontrare la comunità Itale: un insieme di professionisti che da anni lavora per migliorare i servizi ExLibris (ieri opac, link resolver, strumenti di ricerca federata, oggi Discovery e ERM) maggiormente usati dalle biblioteche accademiche italiane.

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(*) cfr. Doug Way (2013) The Impact of Web-scale Discovery on the Use of a Library Collection, Serials Review, 36:4, 214-220, DOI: 10.1080/00987913.2010.10765320


Informazione affidabile in una età di incertezza

6 Maggio 2018

L’attenzione dell’agenda politica e mediatica verso i temi dell’attendibilità delle notizie è una grande opportunità per le biblioteche, che possono comunicare se stesse come luoghi rilevanti per la promozione della conoscenza e la consapevolezza critica. La biblioteca è infatti un luogo “terzo” dove ci si dovrebbe rivolgere con fiducia per trovare fonti attendibili e autorevoli.

RUSQ, la rivista open della Reference and user service association (l’associazione dei bibliotecari americani dediti al reference e ai servizi al pubblico) prende di petto il tema delle “false notizie” pubblicando un numero monografico dal titolo “Trusted information in an age of Uncertainty“.
cover_issue_676_en_US E lo fa adottando modalità allo stesso tempo colte e pragmatiche. Modalità colte evidenti nell’editoriale che apre citando un testo importante di Richard Hofstadter del 1964 “Anti-Intellectualism in American Life” che descrive come le semplificazioni populistiche dell’America di oggi siano radicate e vengano da lontano.
Il tema quindi è quello dell’informazione, dell’autorevolezza e della fiducia.
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Information Literacy e biblioteche accademiche: alcune proposte

17 marzo 2018

il 15 e 16 marzo a Milano si è svolto il convegno “Stelline”, consolidato appuntamento della comunità bibliotecaria e di molti “information workers”.
Il tema del convegno 2018 era “La biblioteca in-forma: digital reference, information literacy, e-learning“: un focus quindi centrato su come formare, informare, supportare gli utenti della biblioteca alla luce degli sviluppi delle tecnologie digitali.
Ho avuto l’opportunità di partecipare alla sessione dedicata alle biblioteche accademiche, sapientemente moderata da Mauro Guerrini, presentando un paper in cui argomento come le nuove fonti informative interne/esterne all’Ateneo, i paradigmi didattici e organizzativi connessi all’ECTS (European credit transfer system) e la Terza missione possono rappresentare una opportunità per le attività di in-formazione degli utenti.
Gli atti del convegno sono già pubblicati e sono disponibili nello store di Editrice bibliografica. Metto a disposizione le slide.

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Information Literacy. Un Manifesto

10 marzo 2018

Il 7 marzo 2018 ho avuto l’opportunità di presentare a Genova, di fronte a una platea attenta e nei bellissimi locali della Biblioteca Universitaria, il Manifesto per L’information Literacy.
L’incontro è stato organizzato dall’Associazione Italiana Biblioteche. Qui le slide.

Perchè “Information literacy”
Sappiamo che l’Information literacy fa parte degli “soft skill” trasversali necessari per la “sopravvivenza” nel 21 secolo, e in particolare corrisponde a “un insieme di capacità […] comprendente la scoperta riflessiva dell’informazione, la comprensione di come l’informazione è prodotta e valutata, e l’uso dell’informazione per creare nuova conoscenza e partecipare eticamente alle comunità di apprendimento“. Non è un “sapere” che si impara una volta per tutte, ma un insieme di sensibilità e consapevolezze che si acquisiscono lungo tutto il corso della vita, e ci permettono di avere un approccio critico, accurato e competente rispetto all’infosfera informativa che ci circonda, che è ormai il nostro ambiente.

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I media e il nuovo immaginario collettivo. Memo sul 14. Rapporto Censis-Ucsi sulla comunicazione

8 ottobre 2017

copertina 14 report censis ucsi
Il Rapporto annuale Censis Ucsi sulla comunicazione, presentato ufficialmente il 4 ottobre, è un bello strumento di lettura del “dove siamo” rispetto ai consumi mediali degli italiani. La versione di sintesi (20 pagine) è scaricabile dal sito Censis previa registrazione gratuita.
Obiettivo di questo post “di servizio” è riportare alcuni dei dati che a me paiono significativi per i bibliotecari, che io considero knowledge workers a stretto contatto con l’infosfera mediale che li circonda (utenti, editoria, media sociali).
Per rendere più agevole la lettura organizzo questo post per parole chiave.

Televisione (digitale terrestre).
E’ in tutte le case degli italiani (92,2%) ed è in assoluto il primo media degli italiani (io mi domando: soprammobile, sfondo indistinto dello scorrere del tempo in alcune pareti domestiche o vera fonte informativa)? Vedi: Telegiornale, Facebook.

Giornali (di carta).
Continua il declino. Oggi solo il 35% degli italiani legge giornali cartacei, nel 2007 erano il 67%. Fonte informativa per il 14,2% della popolazione complessiva, per il 5,6% dei giovani.

Libri (di carta).
Discontinuo declino. Oggi i lettori di libri sarebbero il 42,9% della popolazione, contro il 59,4% del 2007. Censis, a differenza di Istat, non articola il dato tra lettori e lettori “forti”. Vedi: Donne

Ebook.
Crescita netta dal 2007 al 2016 (da 2,9 a 10,0); dal 2017 lieve flessione (9,6).

Smartphone.
Netta crescita che non conosce declino. L’anno scorso il 64,8% degli italiani ne possedeva uno, attualmente assistiamo a una penetrazione del 69,6%.

WhatsApp.
Quasi tutti coloro che hanno uno smartphone sono anche utenti WhatsApp.

Spesa complessiva delle famiglie
per i consumi mediatici (2007 = 100) Telefoni +190% ; giornali e libri -37,4%.

Forever young.
Mentre nei consumi mediali digitali lo stacco tra giovani (14-29 anni) e anziani (65-80 anni) è netto si registra invece una omogeneizzazione dei comportamenti mediatici dei giovani e degli adulti (per Censis 30-44). Nel 2017 non solo viene praticamente colmato il gap nell’accesso a internet ma lo stesso avviene anche per i social network, gli smartphone, la tv via internet, e gli e-book (da sempre un consumo mediale “adulto”, direi).

Telegiornale.
Fonte informativa per il 60,6% della popolazione (per il 53,9 dei giovani). Io mi chiedo però fino a che punto i telegiornali siano debitori -per la creazione della notizia- di Internet e dei Social media. In Italia e altrove l’ultimo tweet del capo del governo “costruisce” la notizia, ne è fonte primaria.

Facebook.
Fonte informativa per il 48,8% dei giovani (14-29 anni); e per il 35% della popolazione complessiva; l’ 85,5% dei giovani ha un profilo; il 56,2% della popolazione italiana ha un profilo.

Donne.
“Argine nella flessione della lettura dei libri”: nel 2007 il 42,9% della popolazione è lettore, ma le donne sono il 52,2%.

Fake news.
“Molto pericolose” per il 77,8% della popolazione, Su questo punto Censis Ucsi fornisce una serie di affermazioni molto nette che ottengono percentuali diverse di approvazione del campione intervistato (esempio: “favoriscono
le tendenze populiste: 67,3%). A mio parere questo tema richiederebbe una indagine più “aperta” e in profondità.
Rinvio però all’esame dei risultati che sono molto interessanti. Emerge tra l’altro che il 45,3% degli Utenti di internet hanno dato credito “qualche volta” a una informazione circolata in rete che poi si è rivelata falsa.

Immaginario collettivo.
E’ la parte più originale e interessante di questo dossier.
Censis si chiede in che modo le nuove tecnologie, i social, i consumi mediali impattino nell’immaginario collettivo (“valori di riferimento, i simboli, le icone, i miti della contemporaneità”).
Per rispondere a questa domanda sottopone agli intervistati una serie di “valori” accordando, come normale, risposte multiple. Il risultato vede in prima posizione (38,5%) “Il posto fisso”, seguito da I social network, La casa di proprietà, Lo smartphone, La cura del corpo, Il selfie, L’insicurezza, Un buon titolo di studio etc.
Credo che questa parte andrebbe letta per esteso (dispongo solo della versione di 30 pagine per la stampa).
Censis interpreta questa curiosa classifica come “la sovrapposizione del vecchio e del nuovo”; a me pare però piuttosto una interpretazone possibile della piramide di Maslow, in cui come noto ai primi posti vengono i bisogni primari e ciò che garantisce la sopravvivenza. E’ una Piramide di Maslow, quella del Censis, anche se molto modificata dal focus dell’indagine e dalle opzioni che gli estensori hanno proposto agli intervistati.

Posto fisso.
Vedi: Immaginario collettivo

Divaricazione del solco tra élite e popolo.
Secondo Censis i media sociali, attraverso i noti processi di disintermediazione hanno costruito un percorso di “autodeterminazione digitale” che ha per l’appunto contribuito alla “Divaricazione del solco tra élite e popolo“.
A mio parere le cose non stanno del tutto così; ammesso che le categorie socio-politiche di élite e popolo possano adattarsi al quadro attuale generato dai media sociali, a me pare che quello che invece sta avvenendo si muova nel quadro culturale e non sociale (dove differenze e solchi restano immensi e in crescita): metterei a fuoco piuttosto l’obsolescenza dell’expertise, il fatto cioè che tutti possono considerarsi “esperti” nelle questioni complesse sollevate dal dibattito pubblico, il che non è esattamente, a mio parere, un’ottima cosa.

In generale a mio parere il quadro dipinto da Censis è come sempre, al netto di alcune verbosità, interessante e i “nudi dati” sono un buon punto di partenza per numerose altre conversazioni.


La nuova Digital library delle Nazioni Unite UNDL

20 Maggio 2017

E’ notizia del 18 maggio che le Nazioni Unite hanno appena inaugurato United Nations Digital library (UNDL) la biblioteca digitale istituzionale.
biblioteca digitale delle nazioni unite logo
La biblioteca digitale, che ad oggi contiene più di 860.000 record, è frutto del partenariato tra la Dag Hammarskjöld Library, la biblioteca del quartier generale delle Nazioni Unite a New York e gli uffici della biblioteca delle Nazioni Unite a Ginevra.
UNDL permette di accedere ai documenti prodotti da tutte le agenzie UN ove possibile in full text, mappe, discorsi (speeches) e risultati delle votazioni. Assolve anche a obiettivi di preservazione digitale a lungo termine dei documenti prodotti dalle Nazioni Unite.
Sebbene, ad esempio, la biblioteca della Sede di Ginevra utilizzi il discovery tool Primo, la UN Digital library si basa su una tecnologia open source sviluppata dal Cern di Ginevra. Questo spunto a me pare molto interessante, e sarebbe utile saperne di più.
I record presenti nella biblioteca digitale sono esportabili nei formati BibTeX, MARC (quale?), MARCXML, Dublin Core, EndNote, NLM e RefWorks.
Apparentemente il database non è compliant con il plugin di Zotero, mentre lo è con Mendeley.